Muoia Sansone con tutti i Filistei

Le dita tichettavano sulla vecchia Olivetti M30, in una danza febbrile di ferro e carne. Le lettere comparivano come orme nere sulla bianca distesa del foglio, si raggruppavano in parole e frasi vibranti, cariche di retorica. Erano capaci di muovere le opinioni, influenzare le persone, spingere gli ignoranti in oceani di false certezze e gli intellettuali in torri d’avorio costruite su montagne di pregiudizi. Non erano semplici scritti. Erano incantesimi per le masse.
 
Il sole invernale entrava dalla finestra e illuminava la stanza con pallida convinzione, filtrato dalle colonne di fuliggine che oscuravano il cielo della Città. Era ciò che i cittadini avrebbero definito una bella giornata, o almeno così sosteneva il bollettino metereologico del Ministero, divulgato a gran voce dagli altoparlanti che gracchiavano agli angoli delle strade. Si svegliò riverso sulla scrivania, baciato alle tempie dal dolore sordo dell’emicrania che se ne andava e la schiena indolenzita per la nottata passata sulla sedia. A fianco della macchina da scrivere una pila di fogli carica di parole. Un altro articolo per il giornale, pronto a muovere gli equilibri dell’opinione pubblica.
 
«Eccezionale, un altro successo per L’Eco del Regime! Un pezzo di [i]vera[/i] inchiesta, uno spaccato di [i]realtà[/i] che illumina e rischiara l’opinione pubblica!»
Il Direttore concluse l’elogio con una grassa risata, il collo taurino gonfio di orgoglio ed eccitazione.
«Anche oggi abbiamo fatto il botto, mio caro! Altre parole per confondere le pecore del popolo!»
E giù una pacca sulla schiena curva di Elton, che teneva lo sguardo basso, carico di vergogna.
«Direttore…»
«Sììììì?»
Non ebbe coraggio di proseguire. Il Direttore esibiva un ghigno diabolico, e nelle sue mani comparvero alcune banconote. Le agitava piano, le faceva ondeggiare come un ventaglio verde, invitante e maledetto.
Elton afferrò le banconote e le infilò in tasca con un gesto veloce, quasi furtivo.
Il Direttore tornò dietro la scrivania e si abbandonò nell’enorme poltrona di pelle. L’espressione era seria ora, senza alcuna traccia di ilarità.
«Per sabato voglio un altro articolo come questo. Non mi importa cosa scrivi. Fai la tua magia, o sei fuori. Va’.»
 
Elton si trascinò verso casa. Attraversò quartieri grigi di fuliggine, abitati da schiene curve e sguardi spenti nei quali fuggevoli scintille di indignazione covavano sotto la cenere dell’abitudine. Schiavi pronti alla ribellione come lui. Tutti leggevano i suoi articoli e nessuno sapeva chi fosse, ma le piccole parole che componevano il suo incantesimo erano disseminate tra le migliaia con cui avvelenava il popolo, cedevoli chiavi di volta per far crollare il teatro sui filistei. Rientrò nel suo piccolo appartamento, freddo e scuro come l’anima di chi ha subito troppi abusi, pronto a scrivere l’atto finale. La misura era colma, poche parole erano pronte ad accendere la rivolta.
Nessuno avrebbe dimenticato il suo ultimo articolo. Nessuno.