Me lo merito

Mi sdraio tra i cuscinoni del divano, le gambe poggiate sullo schienale e il cellulare proprio sopra la faccia, stretto con entrambe le mani. Tempo dieci minuti e ricominceranno a farmi male i polsi, ma pazienza: nel mentre posso rilassarmi e scorrere per bene il catalogo.
E poi cosa sarà mai un po’ di tunnel carpale, dopo la giornata di merda che mi sono appena cuccata? Soffrire per soffrire, tanto vale farlo godendomi qualcosa di bello.
Me lo merito.
Dio, se penso alla sfuriata del boss di stamattina… Che vergogna! Scuoto la testa. Devo pensare a qualcosa di bello, a qualcosa che mi faccia stare bene. Non serve a niente rovinarmi la serata.
Apro Amazon e clicco sulla finestra delle novità. Oh, c’è della bella roba! Già, proprio bella bella. Faccio scorrere la schermata con un pollice e clicco su un prodotto con il bollino “50% di sconto”. Pelle nera, design sudafricano ma Made in Italy.
Interessante… Lo aggiungo al carrello.
C’è qualcos’altro che potrebbe interessarmi? Torno alla schermata precedente, scorro ancora un po’. Come previsto, i polsi cominciano a farmi male.
Dai, prendo il moretto scontato. Confermo l’acquisto e via! Dovrebbe arrivare per domani.
Butto il cellulare sul tavolino, chiudendo gli occhi con un sospiro soddisfatto. Ah, mi ci vuole proprio un regalino per me, con tutti i casini di questo periodo. Non vedo l’ora che arrivi! Se sono fortunata, potrebbero portarmelo entro mezzogiorno, così me lo godo durante la pausa pranzo.
Già, non sarebbe per niente male.
«Non mi dire che ne hai comprato un altro!»
Sobbalzo sul divano. Devo essermi appisolata.
Gaia è sopra di me, braccia incrociate sul petto, che mi fissa con il solito muso lungo. «Non ne hai comprato un altro, vero?» Ripete come un disco rotto.
«Senti, ma che cazzo vuoi? Mi sono fatta un regalino, e allora?» Mi metto a sedere. Dove ho buttato il cellulare? Tasto il divano accanto a me. Ah no, è sul tavolino. Lo recupero e apro la notifica nella barretta in alto: ordine confermato e consegna prevista entro domani alle 12. Ottimo.
Quella stronza di mia sorella si è messa le mani nei capelli. Razza di bacchettona scopa in culo.
«Un regalino? Un regalino? Siamo piene dei tuoi “regalini”!» Mima le virgolette con le dita. «Mi spieghi cosa te ne vuoi fare?»
“Piene”… Bah, che esagerata, per qualche acquisto di tanto in tanto. E poi non mi pare che diano fastidio.
Ho la bocca secca per il pisolino imprevisto. Scanso la scopa in culo per andare in cucina: dovremmo avere ancora un po’ di succo di arancia in frigo, se non ricordo male. Altrimenti vado di kombucha e bene così.
«Allora?» La vocetta petulante di Gaia mi segue in cucina. «Dimmi che ne hai preso uno poco ingombrante, almeno.»
«Ma sì, tranquilla.» Oddio, quello non lo so. Design sudafricano… Probabilmente supererà il metro e ottanta. Abbondantemente.
Tiro fuori la bottiglia del succo d’arancia dal frigo. Ma sì, mia sorella si fa troppi problemi.
Mi si piazza di nuovo davanti con quello sguardo inquisitore del cazzo stampato in faccia.
La sposto di lato. «Senti, al limite lo piazzo su Vinted o lo reinvento come mobile, come ho fatto con tutti gli altri. Ti hanno mai dato problemi, gli altri?»
«No, ma―»
«E allora!» Per dimostrarle il punto, mi piazzo sulla seggiola nell’angolo della cucina. Le corde sono dure e la seduta trema tutta, ma vuoi mettere la soddisfazione di usare qualcosa che ho fatto io?
Do una pacchetta sulla testa della mia seggiola. «Neanche per te è un problema, no? Puoi rispondere.»
«Certo che no, Miss.» Risponde la seggiola con un leggero accento russo. Design siberiano, pelle bianca e occhi di ghiaccio. Tra l’altro era scontatissimo, un vero affare.
Quasi quasi, un giorno di questi lo slego e ci faccio un altro giro.
Mi stanno facendo male le chiappe, a furia di stare seduta sulle corde, quindi mi alzo con nonchalance, come se volessi tornare in sala. Col cazzo che do soddisfazione a Gaia.
«Visto?»
«E la lampada in camera? Lo scendiletto il bagno? L’appendiabiti in corridoio? Anche loro sono soddisfatti?»
Faccio spallucce. «Siete soddisfatti?»
«Sì, Miss,» rispondono in coro.
Torno a sedermi sul divano e il tavolino mi viene prontamente incontro per accogliere le mie gambe.
Gaia non la pianta di fissarmi.
Sbuffo. «Senti, mi piace fare shopping. È il mio vizietto, okay? Levati dalle palle.»
Mi lascio andare contro lo schienale del divano, chiudo gli occhi.
Pelle color ebano, occhi altrettanto neri e muscoli ben definiti.
Non vedo proprio che arrivi il corriere con il mio regalino nuovo di zecca.
Me lo merito.