E la luna bussò

Il rumore assordante del nulla può dimenticarsi d’aprire anche alla luna. Un racconto di Monica Patrizi.

 
La notte era limpida e Francesco guidava la sua Mini Cooper, elegante nel suo abito gessato e le infradito di “Cesare Paciotti” ai piedi, mentre l’impianto stereo da seimila euro diffondeva nell’abitacolo la voce senza tempo della Bertè.
E la luna bussò alle porte del buio…
Lo squillo del cellulare lo distolse dai suoi pensieri.
«Pronto? Ciao Stè… abbello! Sì, sto tornando ora… volevi sapere come è andato il matrimonio di Giulia?» Rise. «Poi ti racconto… Tu sei già al Pub? E la partita? …Grande! Chi ha segnato? Tevez su rigore al terzo minuto di recupero? Allora siamo primi in classifica… Oddio, me sto a sentì male, aspetta un secondo!»
Francesco cercò a tastoni la bottiglietta dell’acqua, finita sotto al sedile. La tracannò di un fiato. Ruttò e riprese il telefono. «Eccomi Stè, scusa. Che dicevi? Il matrimonio? Non puoi immaginare che è successo. Ti giuro, io non ho fatto niente.» Francesco rise. «In chiesa una tizia ha dato di matto. Ha iniziato a urlare contro la sposa “Mignotta, brutta stronza, te caccio l’occhi”… la voleva infilzare col tacco di una scarpa. “Me l’ha detto la Madonna che sei una troia e che ti devo punire!”» Rise. «Era meglio che stavo a casa a guardare la partita. C’è mancato poco mi mettesse in mezzo, ‘sta pazza, ha cominciato a tirarmi per la giacca, e a dire “Ti sei scopata tutti, pure ‘sto coglione, e adesso ti sposi in chiesa e batti il petto!”…a me diceva, ti rendi conto? Una folle. E lo sposo? Cesare stava lì, che poteva dire d’altronde? Lo sanno tutti che Giulia l’ha data via pure ai sassi. “Giulietta la zozzetta” la chiamano. Poteva solo fare pippa.
E poi niente, l’hanno bloccata in duecento, lei gridava, si è lanciata contro Giulia dicendo “Sono la serva di Dio, devi andare all’inferno!” Se non chiamavano il 118, l’avrebbe accecata… Hai ragione, tutte io le trovo le matte. A proposito. Passo a prendere Ivana e Samantha, e veniamo lì a festeggiare, va bene? Sempre. Forza Juve! A dopo, ciao bello,»
Chiuse il cellulare. Che cazzo di serata, pensò Francesco.
La Juve aveva vinto contro la Roma, ed era capolista, alla sesta di campionato.
«Scudetto! Scudetto!» gridò contro il vento del finestrino aperto.
Imboccò l’autostrada.
E la luna bussò ad un party in piscina, senza invito non entra nemmeno la luna…
Dio, quanto si era divertito.
Spinse le infradito di Paciotti forte sull’acceleratore.
Mise la quinta e ripensò per un attimo alla notte prima, quando si era scopato Giulia, sui sedili posteriori, mentre la luna li guardava muta dai vetri appannati.
Dopo aver svuotato tutto quello che aveva nei coglioni, l’aveva riaccompagnata a casa.
«Mi sposo domani» gli aveva detto lei, con una faccia indecifrabile.
«E sti cazzi!» aveva riposto lui, mettendo in moto.
Scalò la marcia.
«Grande Juve!» gridò ai tergicristalli, felice come un bambino davanti la sua prima bicicletta.
Mise il telepass sul cruscotto, rallentò ancora.
La sbarra del casello si alzò, lasciando alle sue spalle un’autostrada silenziosa e attonita.