
Il coraggio di alzare lo sguardo e reclamare la propria libertà. Vincitore della Novantanovesima Edizione di Minuti Contati, con Franco Forte come guest star, un racconto di Raffaele Marra.
Non dovrebbero esistere fiori grigi, non avrebbe alcun senso.
Eppure mentre Anna innaffia le sue rose ha l’impressione che il colore stia svanendo al pari della bellezza. E del coraggio.
Sarà colpa di questo locale, del puzzo di fritto e di alcol, dei rutti e delle bestemmie, degli sguardi annebbiati, del rumore secco delle carte sbattute sul tavolo. E poi, in fondo, nessuno le guarda, quelle rose ricurve a perdere petali sulla cenere e sui cazzi incisi a punta di chiave sul bancone.
Nessuno tranne la donna dal foulard rosso.
Mentre raccoglie gocce di birra con un panno umido, Anna la vede entrare, la osserva avanzare incerta, guardarsi intorno indifferente. Accanto a sé, Anna sente suo marito sbuffare.
«Ancora!», esclama mentre la donna dal foulard rosso, impassibile, si avvicina al bancone.
«Cercavo mio marito. È qui?» chiede con calma.
«No, signora», risponde il barista simulando una enorme pazienza, «vostro marito non ci viene più. Se n’è andato».
La donna annuisce, manda un ultimo sguardo alle rose e, come le altre volte, va via.
Ed eccola ancora una volta qui, di sera, quando ogni moglie che si rispetti se ne sta in casa a badare a figli e marito. Anna, come sempre, si ferma a osservarla, incapace di aprire bocca, di parlare al posto del suo uomo.
«Cercavo mio marito. Pensavo fosse qui», fa la donna dal foulard rosso guardandosi intorno.
«Dannazione», sbuffa il barista, «come ve lo devo dire che se n’è andato in città? Vi ha lasciata per sempre».
Anna è certa che questa volta la risposta di suo marito possa aver ferito la donna. Quella, invece, si volta e, con aria fiera, va via.
La moglie del barista capisce di non poter più resistere alla curiosità. Si slaccia il grembiule e, indifferente alle occhiatacce del suo uomo, va a fermarla alla porta.
«Perché fate così?», le chiede portandola al riparo da occhi e orecchi.
«Così come?»
«Sapete che vostro marito è andato via, ma continuate a chiedere di lui».
La donna dal foulard rosso abbozza un leggero sorriso. Poi, con estrema lentezza, scosta leggermente il foulard dal collo fino a mostrare i segni sulla sua pelle. Anna rabbrividisce.
«Perché mi piace sentirmi dire che non c’è più». E il suo sguardo si fa dolce e triste al tempo stesso: «avrei voluto avere il coraggio di parlarne a qualcuno…»
La donna va via, verso la sua vita di solitudine e salvezza, libera dall’orrore ormai lontano che la sua anima e la sua pelle non sanno dimenticare. Anna resta a osservarla con il cuore accelerato. Poi abbassa lo sguardo sul braccio, solleva una manica e guarda il fiore grigio sulla sua pelle, uno dei tanti segni della crudeltà di suo marito.
«Ti muovi, maledizione?» urla l’uomo dall’interno del bar.
Anna abbassa subito la manica quindi solleva lo sguardo verso la porta del Commissariato a meno di cinquanta metri dal bar.
Stringe i pugni e ferma il respiro mentre compie il primo passo, sicura che, prima o poi, le sue rose ritroveranno colore. Perché il coraggio, in fondo, è un fiore rosso che sboccia dalla cenere.