Intervista a Francesco Troccoli
SPARTACO: Diamo il benvenuto a Francesco Troccoli, autore della Trilogia degli Insonni e guest star di Minuti Contati per il mese di novembre 2016.
TROCCOLI: Ciao a tutte e tutti, sono onorato dell’accoglienza.
SPARTACO: Partiamo dal principio. Nel 2008 Francesco Troccoli era un uomo in carriera che lavorava per una multinazionale. Poi, cos’è successo?
TROCCOLI: Quell’uomo dormiva male già da un po’. Si era accorto che tutti quei lustrini, la polizza per rifarsi i denti e l’auto aziendale mascheravano il senso della vita. Da quel momento c’è voluto ancora qualche anno perché l’idea maturasse, acquisisse forma e dignità e infine, quando la multinazionale ha iniziato a cercare nel mucchio, offrendo incentivi all’esodo volontario, fra i tanti che speravano di non essere pescati e quindi (legittimamente e comprensibilmente) si nascondevano, l’uomo ha alzato la mano. Da allora scrivo e traduco, traduco e scrivo. Scienza e fantascienza.
SPARTACO: Ferro Sette (Curcio Editore 2012) è il tuo romanzo d’esordio, eppure Francesco Troccoli era un autore conosciuto negli ambienti letterari già da qualche anno. Come mai sono passati così tanti anni tra i racconti e il romanzo? È stato più difficile trovare la storia d’esordio o la Casa Editrice che lo pubblicasse?
TROCCOLI: In realtà mi ritengo fortunato: ho iniziato a scrivere i miei primi racconti nel 2005. Su quelli mi sono fatto doverosamente le ossa. Sono passato al romanzo solo nel 2008 e ho cestinato il primo che ho scritto, senza proporlo a nessuno. Nel 2010 è nato Ferro Sette, nel 2011 Curcio mi ha proposto un onesto contratto e nel 2012 l’ha pubblicato. Insomma, mi pare una progressione piuttosto rapida. La storia d’esordio è venuta da sé, prolungando un preesistente racconto, e la casa editrice a seguire. Nessuna delle due cose è stata facile, ma nemmeno si è trattato di difficoltà abissali.
SPARTACO: Nel 2013 è uscito Falsi Dei e a giugno 2016 Mondi Senza Tempo che ha messo la parola fine alla Trilogia degli Insonni. Si può dire conclusa la saga o hai già in mente altro?
TROCCOLI: Direi che la saga è conclusa, ma confesso che la sto ancora esplorando nei suoi recessi meno noti con uno “spin off”. Si tratterà di un racconto lungo (o forse un romanzo breve?), ambientato nello stesso Universo, che stavolta però non vedrà protagonista Tobruk Ramarren, l’io narrante dei tre romanzi, ma seguirà altri personaggi in un arco di tempo a cavallo fra Falsi Dei e Mondi Senza Tempo.
SPARTACO: Nell’universo in cui si muove Tobruk Ramarren l’uomo ha smesso di dormire e addirittura associa il sonno, e i sogni, a un mito del passato. Questa è una chiara critica ai giorni d’oggi, quanto ha inciso la tua esperienza lavorativa?
TROCCOLI: Moltissimo. Posso vantarmi di essere stato fra i primi, in Italia, a effettuare il cosiddetto “downshifting” (oggi si preferisce dire “decrescita”), la decisione di rifiutare il paradigma di vita “imposto” dal modello della cosiddetta “civiltà occidentale” basato sul consumo e sulla produzione, con una scelta di ridimensionamento del mio tenore di vita che ho avuto il lusso di poter fare dando le dimissioni dalla mia ex azienda. Da allora, come i minatori ribelli di Ferro Sette, ho iniziato a riappropriarmi del mio tempo. Di giorno come di notte. Nella veglia e nel Sonno.
SPARTACO: Tobruk è un eroe che manifesta poco alla volta il suo spirito. Quando lo presenti è un mercenario spietato, ma poco alla volta recupera un’umanità spiccata che lo porta più volte vicino al sacrificio per il bene comune. Quindi c’è una speranza anche per la nostra classe dirigenziale?
TROCCOLI: Ah, ah, questa sì, che è una rilettura del personaggio originalissima e stimolante. Diciamo che c’è sempre una speranza per ritrovare la propria umanità, la propria “sanità” di base. Per tutti.
SPARTACO: A ottobre, a Milano, sono stato per la prima volta a Stranimondi, il festival del libro fantastico. Abituato ai vari saloni del libro, devo ammettere che non mi aspettavo un clima così famigliare. Autori e lettori si incontrano e possono chiacchierare di un genere letterario che le masse ignorano. Qual è il tuo rapporto con questa manifestazione?
TROCCOLI: Gli organizzatori di Stranimondi hanno fatto un lavoro eccellente. Il mio rapporto è ottimo, ho avuto l’onore di essere coinvolto in quattro sessioni, ho ritrovato tanti amici e ascoltato moltissime relazioni interessanti. Ci tornerò.
SPARTACO: Parlando ancora di Stranimondi, ho potuto vedere in prima persona che l’affluenza è stata massiccia. Quindi non è vero che non si vendono più libri in Italia? Com’è il tuo rapporto con i lettori?
TROCCOLI: Gli appassionati di genere sono a mio avviso lettori accaniti per definizione. Forse in tal senso non sono (purtroppo) rappresentativi della realtà italiana. All’interno del genere c’è un grande fermento. Nuovi editori stanno facendo un ottimo lavoro per portarlo all’attenzione anche dei non appassionati e questa, secondo me, è la nuova linfa di cui si ha da sempre bisogno. Scrivere e pubblicare cose che interessino tutti. Iniziare a porre fine, per parafrasarti, alle “masse ignoranti”. Io apprezzo qualsiasi critica, anche negativa, e so che a leggermi sono anche molti non appassionati di FS.
SPARTACO: Non posso esimermi dal parlare di fantascienza, genere di cui sei un esponente di primissimo livello. Prima di tutto: cos’è la fantascienza secondo te?
TROCCOLI: Grazie dell’apprezzamento. Per me la fantascienza è un modo inimitabile e affascinante di descrivere la realtà che ci circonda esplorandola da punti di vista immaginari, che portano a risultati creativi imprevedibili, tali da saper attrarre qualsiasi tipo di fruitore/lettore.
SPARTACO: Cosa ti ha spinto a scrivere di fantascienza?
TROCCOLI: La pila di Urania sul comodino paterno e la visione di 2001: Odissea nello Spazio mi hanno reso un appassionato. La scrittura è venuta dopo, quasi per caso, quando mi venne regalata la partecipazione a un corso della Scuola Omero, a Roma. Il mio insegnante fu Massimo Mongai, che è appena scomparso e colgo l’occasione per ricordare.
SPARTACO: Verne e i viaggi fantastici, Asimov e i robot, Gibson e il cyberspazio, Orwell e la visione dispotica del futuro. Tutti precursori della fantascienza che hanno lasciato una traccia indissolubile. Qual è la prossima frontiera della fantascienza?
TROCCOLI: Domanda difficile; in questo genere, paradossalmente e per fortuna, l’imprevedibilità regna sovrana. Credo che siamo in una fase di sperimentazione in cui tutto è possibile. Personalmente auspico una fantascienza sempre più umana, meno imperniata sulla “spiega” tecnologica e più tesa a raccontare storie in cui chiunque possa indentificarsi.
SPARTACO: C’è qualche autore di fantascienza di oggi che, secondo te, rimarrà nella storia?
TROCCOLI: Ursula K. Le Guin, che ben esemplifica quanto ho appena detto. In realtà lei nella storia c’è già.
SPARTACO: Quali sono i tuoi autori preferiti? C’è qualcuno cui ti ispiri?
TROCCOLI: Oltre a UKL, a me piacciono autori spesso poco noti, ma capaci di parlare a tutti. Voglio ricordare Michael Bishop e Richard K. Morgan, ai due opposti estremi del genere. E voglio evidenziare i bravissimi italiani: Paolo Aresi, Clelia Farris, Giulia Abbate, giusto per citare gli ultimi letti e scusandomi in anticipo con gli altri. Molti autori nostrani non hanno nulla da invidiare agli stranieri più capaci. Mi pare che finalmente il pubblico inizi ad accorgersene.
SPARTACO: Con il cinema la fantascienza ha raggiunto le masse. Le nuove tecnologie permettono ai registi di far vivere avventure spettacolari. I libri possono risentire della forza delle immagini o possono usufruire della popolarità che il cinema dà al genere?
TROCCOLI: Certamente sì. Se da un lato è doveroso ricordare che a monte di un grande film c’è una grande scrittura (libro o sceneggiatura che sia) e che quindi le belle immagini vengono sempre “dopo” la bella scrittura e ad essa devono la vita, usare la cinematografia ne facilita la fruizione. Forse però il cinema, rispetto alla narrativa scritta, ha i mezzi per perseguire con molta più efficacia la scelta di rivolgersi a tutti, e non solo agli appassionati.
SPARTACO: Come vedresti Tobruk sui grandi schermi? L’essere italiano pensi precluda questa possibilità?
TROCCOLI: Il fatto che Tobruk parli italiano non facilita le cose, in effetti. Ma penso che lui sarebbe felicissimo di andarci e in merito al sottoscritto, puoi ben immaginare la risposta. È una possibilità che non è preclusa, ma certo ha ben poche speranze. È altrettanto vero che in ogni caso l’idea di un mondo senza Sonno funzionerebbe molto bene, perché rientra a mio parere nel novero di quelle idee che possono interessare chiunque.
SPARTACO: Noi di Minuti Contati sproniamo i nostri utenti ad ambientare i racconti in Italia. Com’è vista all’estero la fantascienza nostrana?
TROCCOLI: Grazie ai nuovi editori a cui facevo cenno, penso che stiamo uscendo dal totale anonimato, affacciandoci timidamente alla porta di un mondo talmente angloamericano-centrico che la sigla “sci-fi” è diventata ormai una specie di etichetta di qualità. Non vale solo per l’Italia: penso che il blocco USA/UK abbia per troppo tempo nutrito solo un debole (appena sopra lo zero, per fortuna) interesse per ciò che è realmente diverso dalla cultura bianco-cristiano-maschilista-occidental-ipertecnologica. Ma le cose iniziano a muoversi, e credo che il contributo italiano non mancherà.
SPARTACO: Il mese scorso, Andrea Atzori ci ha lasciato questa riflessione: “La professione dell’autore soffre di un peccato originale che, nell’io di un artista, coverà sempre una frustrazione.”
TROCCOLI: Ho letto l’intervista. Capisco la frustrazione, ma non sono del tutto d’accordo. Non è che, a mio parere, “la professione dell’autore non esista più.” In realtà, e parliamo dell’Italia, non è mai esistita. Lo dimostra il fatto che l’auto-pubblicazione era normale anche per grandi scrittori, che raramente hanno vissuto dei proventi dello scrivere. Io dico che la professione non esiste “ancora”. E che dobbiamo lavorare tutti perché esista non solo come appannaggio di una elite culturale che i generi li snobba, o di un’eterogenea categoria di sedicenti scrittori nazional-popolari da un milione di copie vendute, tutte regalate e lette forse da nessuno, rigorosamente a Natale. E proprio in questo paese dove il concetto di “peccato originale” ha ricadute devastanti, uscire dall’idea che la scrittura non meriti di essere (ri)compensata. Disintegrare l’idea che sia un diletto, un piacere, un hobby, un “di più” che quindi non è degno di essere retribuito. Vale anche per la pittura, la musica, la creatività in generale. Campare di scrittura si potrebbe, se. Se fossimo in meno a provarci. Se fossimo più disposti ad accettare un rifiuto. Se gli editori fossero più selettivi, più rigorosi e più disposti a rischiare e investire. Se, se, se. Ci sono tanti “se”, ma a me interessa la visione futura (anche remota), da buon appassionato di fantascienza. E in quella, ci sono pochi, bravi scrittori. Pagati, anche nel genere fantastico (soprattutto in quello!), al punto che, magari andando a cena fuori casa meno spesso degli architetti e dei medici, riescano a viverne.
SPARTACO: Qual è la tua opinione? Pensi che dover scrivere faccia perdere il gusto di farlo?
TROCCOLI: No. Ho scritto Ferro Sette per gusto. Non pensavo a un “sequel”. Ma me lo hanno chiesto, e allora ho scritto Falsi dèi. Mi sono divertito di più nel secondo caso.
SPARTACO: A novembre 2016 sarai la guest star della novantunesima Edizione di Minuti Contati. Che tipo di giudice sei?
TROCCOLI: Ho qualche esperienza di questo tipo e mi sono scoperto più severo di quanto pensassi. Ma, alla fine, tendo a essere il più rispettoso possibile della creatività altrui. Magari anche imparando qualcosa.
SPARTACO: Cosa ti aspetti di leggere?
TROCCOLI: Non mi piace avere aspettative, ma sarei molto felice d’essere stupito. Di leggere qualcosa e poi dire “che splendida idea”. Non ci sono regole, lo stile può essere prolisso o sobrio ed essere egualmente coinvolgente. In merito alle storie, rifuggo il catastrofismo, il negativismo fine a se stesso, non mi piace lo sconfinamento nell’horror, genere che non amo; detesto lo splatter. Amo l’Umanità, con i suoi pregi e i suoi difetti. Amo leggere storie che ti consentano d’immedesimarti con il protagonista. Quelle narrate da una voce sicura di sé, capace di prenderti per mano e portarti dove vuole. Quelle dove puoi anche soffrire le pene più atroci, ma combatti sempre, e qualcosa la vinci. Anche se muori. Non apprezzo l’autocompiacimento di chi sguazza nel dolore e nella distruzione perché sono cose “forti” e di sicuro impatto emotivo.
SPARTACO: Non ti chiedo di dirci il Tema dell’edizione, ma potresti dare un’imbeccata ai nostri utenti…
TROCCOLI: Diciamo solo che devono stare attenti a non addormentarsi sul computer… il tempo è tiranno!
SPARTACO: Siamo giunti alla fine di questa nostra intervista. È stato un piacere parlare con te e lo sarà ancora di più averti come guest star per l’Edizione di novembre 2016 di Minuti Contati. In bocca al lupo per i tuoi progetti presenti e futuri.
TROCCOLI: Crepi, grazie ancora dell’ospitalità e complimenti a voi tutti, perché Minuti Contati fa un gran bene alla fantascienza italiana. Che vinca il migliore!